Il silenzio è imprescindibile dal suono. Quando avviene la vibrazione, è un ricostituirsi del rapporto di tensione originario che ha dato luogo al primo fiat. In precedenza, il silenzio aleggiava nel fluido etere che avvolgeva il mondo originario.
Nel confronto tra l'Uno e il Molteplice, il primo si specchia nel secondo attraverso il suono, e il Molteplice si ricollega all'Uno per mezzo del silenzio. Le pause in musica richiamano l'antico editto attraverso il quale il mondo è stato creato.
La pausa non è vuoto, ma un sostare in attesa del richiamo dell'Uno. Quando il suono sgorga, lo fa partendo dal silenzio e finendo indefinitamente nel silenzio. Dentro ogni pausa vivono in fieri tutti i suoni della composizione; essi saranno espressi, collegati gli uni agli altri, e infine dissolti nella fluida morbidezza del silenzio. Le prime note di ogni brano raschiano la crosta dell'attesa, e sfociano nel divenire della composizione. Le note iniziali della Quinta Sinfonia di Beethoven interrogano il silenzio, e lo costringono a parlare, a confessare il bisogno d'infinito. Tutto il resto della composizione è nascosto in quelle pause contenute tra il punto coronato e la successiva anacrusi. Proprio il riferimento al levare offre l'occasione per riflettere sul silenzio che precede la tesi, l'affermazione, la generazione del 'pieno' sonoro che segue il 'vuoto' dell'attesa. In teoria musicale si dice che qualsiasi attacco, anche tetico, presuppone un'anacrusi, perché senza lo slancio iniziale non può esservi alcuna affermazione.
Dunque un levare, esplicito o implicito, parte da un'assenza, quella del segno grafico che è anche norma teorica: la pausa di croma che precede l'attacco della Quinta è il richiamo irresistibile dell'Uno, è il ricollegarsi all'antica sorgente in cui tutti i suoni erano Uno e non vi era la necessità di aprire la porta verso il non-silenzio, il manifestato.
Ogni suono espresso è un tentativo di procrastinare l'inevitabile decadimento del suono, che torna inesorabilmente al silenzio: la stessa forma d'onda sinusoidale non è che una (necessaria) astrazione, perché un suono non può restare fermo e regolare per sempre. Esso decade, dopo un picco in cui l'intensità è massima, per decrescere e spegnersi finché non è sostituito da un nuovo suono.
Due suoni, perciò, non sono che una 'pausa dal silenzio': interrompono l'Unità del silenzio, per tentare di riempirlo una prima volta con lo spostamento della corda o della colonna d'aria dallo stato di qiuete a quello di moto; quando la prima nota sta tornando al silenzio che l'ha generata, ecco che accade un nuovo evento: un secondo suono, che si frappone tra il primo e il silenzio. A questo punto, entra in gioco la percezione interiore dell'uomo, che può stabilire dei nessi tra i due eventi sonori; a seconda del tipo di legame che interverrà tra il primo e il secondo suono, molto si deciderà del destino percettivo del brano.
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