Appunti su Sigfrid Karg-Elert
Andrea F. Calabrese
Le brevi considerazioni che
seguono si concentreranno sulla biografia e sulle composizioni di Sigfrid
Karg-Elert, con particolare riferimento alla Sonata n. 3 op. 105 ‘Patetica’ che
sarà eseguita subito dopo. Non saranno affrontati gli aspetti teorici derivanti
dalla vasta e capitale produzione di Karg-Elert nel campo dell’armonia. In
particolare, i suoi studi sulle affinità di settima hanno permesso all’analisi
di potersi estendere anche alla musica del primo Novecento, oltre ad integrare
la settima naturale 7/4 nel campo delle consonanze.
La vita
Cominciamo con alcune notizie
biografiche. Il teorico e compositore nacque il 21 novembre 1877 come Siegfrid
Theodor Karg a Oberndorf, ultimo di 12 figli. La sua famiglia, di condizioni
modeste, era solita spostarsi continuamente per la Germania. Giunti
nel 1882 a
Lipsia, il giovane Sigfrid, che aveva già manifestato premature ed eccezionali
doti musicali, riceve la sua istruzione, entrando a far parte del coro nella
chiesa di S.Giovanni. Nello stesso tempo studia pianoforte e inizia a comporre.
Questi primi brani sono presentati al compositore Reznicek, che, riconosciuto
il talento di Karg, lo fa entrare al Conservatorio, ove Sigfrid ha la
possibilità di studiare con importanti maestri quali Reinecke, Jadahson, Reisenauer,
che era stato allievo di Liszt, e Teichmüller.
Nel 1901 è insegnante di
pianoforte in una scuola di Magdeburgo, ed è in questo periodo che aggiunge il
cognome della madre, togliendo la ‘h’ originaria da ‘Ehlert’, e mutando il nome
secondo la pronunzia svedese (da Siegfried a Sigfrid). Sempre in questi anni,
Karg-Elert fa la conoscenza di Carl Simon, editore e fabbricante di armonium,
con il quale stringerà una duratura amicizia, testimoniata dalle numerose
composizioni lasciate per questo strumento. Nel 1910 sposa Minna Louise
Kretschmar (morta di recente, nel 1971), e nel 1919 assume un incarico di
docenza al Conservatorio di Lipsia, probabilmente come successore di Max Reger.
Il suo stile compositivo
originale, cosmopolita e, secondo i suoi detrattori nazionalisti, ‘poco
tedesco’, lo marginalizza rispetto alla cultura lipsiense. Lo stesso Karg-Elert
avrà ben presto da lamentarsi per il trattamento riservatogli dall’establishment musicale: la ristrettezza
di vedute dei suoi oppositori impedirà la comprensione delle sue opere. In seguito,
lo stesso Karg-Elert denuncerà con chiare parole le manovre poco lecite per
screditarlo. Karl Straube, Thomaskantor, dopo averlo sostenuto, a partire dal
1920 comincia a denigrarlo sistematicamente. Gli allievi zelanti di Reger, come
Grabner, lo osteggiano in tutti i modi. Herman Berlinski, studente presso il
Conservatorio di Lipsia in quegli anni, osserverà che
per Grabner l’armonia a 4 parti era una
sorta di Bibbia; musicalmente, egli non si azzardava ad andare oltre Brahms.
(…) La Germania
risuonava sempre nei suoi discorsi. La differenza tra Karg-Elert e Grabner era
che il primo parlava di musica, il secondo solo della musica tedesca’.
Il passo successivo fu quello di
aizzare contro di lui addirittura un ingiustificato e insulso odio razziale. Scrive
lo stesso compositore:
Così, se il mio nome è Sigfrid, devo
essere per forza un ebreo! Siccome molte mie opere hanno titoli francesi, devo
essere per forza anti-tedesco! La mia amicizia e simpatia per l’Inghilterra, la Francia e l’Italia mi
hanno spesso messo in difficoltà. Uno è immediatamente bollato come ebreo,
bolscevico, traditore. E’ terribile!
Le cose non finiscono qui,
purtroppo, e culminano in una denuncia postuma, nella quale il suo nome viene
inserito in un libello diffamatorio contro i musicisti ebrei. Karg-Elert,
comunque, non era ebreo, e, nonostante l’errore venisse corretto nel 1936, la
ricezione delle sue teorie e della sua musica continuerà ad essere danneggiata da
questo tipo di reputazione. Chi aveva manifestato amicizia ed interesse per
Debussy, Scriabin e Schoenberg, e non considerava la tonicalità come
espressione di degenerazione, doveva per forza essere guardato con forte
sospetto.
Nel 1932 Karg-Elert commise un
fatale errore: invitato per una tournèe
organistica negli Stati Uniti, egli credette di poter ricevere lì i
riconoscimenti negatigli in patria. Karg-Elert era un teorico straordinario, un
compositore originale, ma non certo un virtuoso dell’organo, almeno secondo gli
standard di validi strumentisti quali Dupré e Bossi, che gli americani
conoscevano bene. Quindi l’insuccesso dei concerti lo gettò in una prostrazione
tale che, tornato in patria, in breve tempo si ammalò e morì, il 9 aprile 1933.
Le composizioni
Le sue composizioni sono
sterminate, e comprendono brani per pianoforte, organo, armonium, da camera,
per orchestra. Una ricostruzione filologica del suo opus è ben lungi dall’essere stata ancora realizzata. A ciò
contribuiscono le traversie biografiche sopra citate, e anche una certa
ritrosia dell’autore a fornire dati precisi sulla vita e l’opera. Anzi, in
alcuni casi si può dire che egli abbia voluto volontariamente confondere le
acque.
La produzione di Karg-Elert per
pianoforte è al terzo posto come numero di brani dopo quelli per organo e per armonium.
Il suo stile pianistico risente, dal punto di vista della scrittura, della
lezione classica e romantica tedesca. Da Beethoven a Schumann a Brahms, secondo
la ben nota linea di successione. Tuttavia, come si è accennato nella
biografia, non erano solo questi i punti di riferimento di Karg-Elert. Se la
scrittura è più chiaramente tedesca, per l’impianto di stampo contrappuntistico
e la severità della struttura, l’armonia è davvero cosmopolita. Possiamo
avvertire nei suoi brani echi del cromatismo wagneriano, dell’espressionismo
del primo Schoenberg, dell’atonalità del secondo Schoenberg, dell’armonia
settimale e quartale di Scriabin, del simbolismo ed impressionismo di Debussy,
per citare solo gli autori più noti. Tutti questi elementi, poi, convergono in
un metodo compositivo basato su un rigore assoluto di scrittura e
sull’originalità dei procedimenti. La musica di Karg-Elert è fortemente
tematica. Si nota un incessante lavorìo sia a livello orizzontale che
verticale; la sua concezione armonica è al tempo stesso rivoluzionaria e
conservatrice: rivoluzionaria perché utilizza nuove affinità fra i suoni,
conservatrice perché ha il coraggio di affermare la tonalità in un’epoca
difficile, in cui gli esperimenti andavano nella direzione del collasso della
tonica quale centro di riferimento.
La
Sonata n. 3 op. 105
‘Patetica’
Tra tutte le composizioni
pianistiche, la Sonata
n. 3 op. 105 che reca il sottotitolo ‘Patetica’ spicca per una qualità
particolare, che vorremmo definire con un aggettivo evocativo: “ardimento”. E’
un brano ardimentoso sotto molti punti di vista: come scrittura, è di una
complessità che ricorda alcune Sonate di Scriabin; poi, essendo scritta in un
unico grande movimento senza soluzione di continuità, affronta il problema di
non semplice soluzione della grande forma. Anche l’armonia usata è
‘ardimentosa’, con ampio uso dell’armonia cromatica. Infine, lo slancio vitale
che anima il brano si traduce in una musicalità ampiamente cantabile e a tratti
struggente.
Dal punto di vista strettamente formale,
la Sonata è
una lunga perorazione durchkomponiert,
nella quale trova posto un materiale di ricchezza sovrabbondante. Lo stesso
Karg-Elert si preoccupa di segnare ben 26 incisi tematici differenti che egli
utilizza in maniera contrappuntistica per tutto il brano. Sarebbe,
evidentemente, lungo analizzare tutti e 26 questi motivi. Ci limiteremo perciò
ad alcune osservazioni essenziali. Fra di essi, intanto, ve ne sono alcuni che
assumono un’importanza maggiore per il fatto di apparire più volte rispetto ad
altri.
Citiamo il motivo 1,
caratterizzato da una fanfara di terzine su una nota ribattuta, che il
compositore più volte illustra suggerendo le indicazioni ‘quasi trombe’ o
‘quasi corni’. Il motivo 2 e il 3 sono i più importanti di tutta la Sonata. Il 2 è
costituito da sole 3 note: un intervallo di seconda ascendente seguito da uno
di terza discendente; il motivo 3 è invece formato da un pentacordo
discendente. Fra gli altri motivi, citiamo il 5, con una successione di accordi
in affinità di settima, il 7 e l’11, entrambi densi di struggente e intima cantabilità,
il 9, dal sapore fortemente atonale ed espressionistico, il 12, costruito su
un’armonia quartale, il 13, che esprime un’inquietudine scriabiniana, il 14,
esemplato dalle note del Corale ‘Straf mich nicht in deinem Zorn’, ed
utilizzato sempre nello stile del corale figurato.
Il testo del Corale, il cui
titolo significa ‘Non punirmi nel tuo sdegno’, è tratto dalla versione tedesca
del Salmo 6, ed è opera di Johann Georg Albinus. La melodia è un’antica danza
apparsa nel 1681, intitolata ‘Lamento’, e successivamente inserita in una
raccolta di melodie sacre. È stata utilizzata da moltissimi compositori: Johann
Sebastian Bach nella Cantata BWV 115, Georg Philipp Telemann, Christian Michael
Wolff, Johann Gottfried Walther, e tra i moderni, Max Reger, nella Fantasia
Corale per organo op. 40 n.2. Nel caso dell’utilizzo da parte di Karg-Elert,
può dunque trattarsi anche di un
omaggio al suo predecessore al Conservatorio di Lipsia.
La Sonata reca il sottotitolo
‘Patetica’, che, lungi dall’essere ‘solo’ un omaggio a Beethoven, è in realtà
un omaggio al ‘Pathos’, all’espressione libera e lirica dei sentimenti. Nel
1914, anno di composizione della Sonata, il post-romanticismo era guardato con
forte sospetto.
Dal punto di vista stilistico, la Sonata presenta un mirabile
riunione di elementi diversi, perfettamente armonizzati. In un rapido elenco,
ecco riassunti gli elementi-chiave utilizzati da Karg-Elert:
1)
affinità di settima fra i suoni
2)
armonie quartali
3)
armonie secondali
4)
contrappunto
5)
accordi di 6,7, 8 suoni
6)
micropolifonie ritmiche
7)
poliritmia
8)
scale esafoniche, pentafoniche, tetrafoniche
La Sonata reca in epigrafe una
citazione tratta dalla ‘saggezza dei bramini’:
La
Morte è
Vita; la Vita Morte.
Dalla notte al mattino, dall’aurora alla notte, e così il cerchio si chiude.
Tale citazione mostra l’interesse
di Karg-Elert per la filosofia orientale e la simbologia basata sull’unione dei
contrari, di cui in Occidente aveva parlato anche Eraclito.
Copyright Andrea F. Calabrese 2011
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