domenica 11 dicembre 2011

Convegno Internazionale: Un virtuoso si aggira per l'Europa - Franz Liszt 1811-2011. Roma, Dicembre 2011

Con l’illuminata e impeccabile organizzazione di Sara Zurletti, in collaborazione con l’Università Roma Tre, Dipartimento di Filosofia, con l’Università di Salerno e con l’Accademia d’Ungheria di Roma, si è svolto il 6 e il 7 dicembre 2011 un importante Convegno Internazionale dal titolo “Un virtuoso si aggira per l’Europa: Liszt 1811-2011. Musicologi, filosofi e studiosi di fama mondiale si sono confrontati al declinare dell’anno lisztiano per approfondire le tematiche relative al grande compositore magiaro. Presentiamo alcune brevi note sui vari interventi, che, premettiamo, sono unicamente il frutto degli appunti presi durante il Convegno, pertanto non possono essere considerati né definitivi né completi. Non appena si procederà all’auspicata pubblicazione degli atti, ne daremo opportunamente notizia sul blog.

Johann HerczogOltre le rapsodie: Liszt cosmopolita e ungherese.
Lo studioso ungherese ha parlato dell’ambivalenza di Liszt, proiettato tra magiarismo e cosmopolitismo. Per comprendere questi aspetti, occorre ricordare che l’Ungheria è polietnica, e che già nell’800 poteva vantare forti tradizioni musicali che sono andate a formare il caratteristico idioma “all’ungherese”, adoperato in vari contesti anche da autori classici, a partire da Haydn, che probabilmente è stato il primo a integrare nel tessuto musicale questo tipo di idioma. C’è poi il caso eclatante del Finale dell’Eroica di Beethoven: verrebbe da chiedersi come abbiano fatto gli ungheresi a capitare proprio lì. Ad ogni modo, certamente Liszt conosceva bene questa cultura e ovviamente la assorbì nella sua musica. Ci sono comunque diversi strati di assimilazione. Un primo strato è caratterizzato da brani come le Rapsodie, in cui l’assimilazione è totale. Ci sono poi strati successivi in cui lo stilema ungherese appare in maniera più diluita. C’è poi un aspetto socio-culturale nel fatto che Liszt porta fuori la cultura ungherese, riuscendo nel contempo ad essere cosmopolita.

Jean-Paul OliveFantaisie et construction: de la Sonate en Si de Liszt à la Symphonie de chambre n. 1 de Schönberg.
Olive ha tracciato un'interessante linea che congiunge Liszt a Schönberg, che ammirava del compositore ungherese la tecnica di trasformazione tematica. Sono proprio i procedimenti costruttivi in Liszt che hanno potuto attrarre l’attenzione del compositore austriaco, il cui stile a prima vista non sembrerebbe collegabile al primo. Lo studioso francese ha poi mostrato nel dettaglio alcune acute corrispondenze tra la Sonata in Si minore e la Kammersymphonie n. 1 op. 9.

Marta GraboczEvolution du programme narratif (de la “ligne interieure”) de Liszt. Des Harmonies poétiques et religieuses jusqu’à la 1ère Année de Pelerinage.
Con il libro Musique, narrativité, signification, (Ed. L’Harmattan, Paris), Marta Grabocz ha dato un contributo fondamentale alla teoria della Musical narratology, avviata da Eero Tarasti, in cui i termini della narratologia tradizionale (Greimas) vengono mappati puntualmente in ambito musicale. La Grabocz ha realizzato questo difficile compito con un intervento ponderoso, in cui diverse opere di Liszt sono state “vivisezionate” secondo quest’ottica, con tabelle a colori circostanziate e dense di significato. A titolo d’esempio, in una tabella sono state esposte le strategie narrative secondo “the obsessive successions of isotopies or expressive genres”. Le isotopie erano: investigazione del macabro, eroico, pastorale/amoroso, combattimento macabro, luttuoso, religioso, panteista/religioso glorificato e trionfante).

Quirino Principe – I simboli poetico-musicali nella Dante-Symphonie.
L’intervento del grande studioso italiano è partito da una riflessione sulla ricchezza di musicisti nati tra gli anni 1809 e 1813, da Mendelssohn a Wagner, passando attraverso Chopin, Schumann e Liszt. Le corrispondenze non si fermano qui, perché questi autori sono stati fra di loro in mutui e fecondi rapporti. E’ stato come se un grande dono di energia si sia sparso per l’Europa, in un situazione difficilmente replicabile. Forse solo al tempo dei grandi Fiamminghi, nel XV secolo, si è avuta una situazione simile. L’opera di Liszt presa in esame, la Dante-Symphonie, riflette quell’amor intellectualis che è una cifra caratteristica degli spiriti illuminati. Nel brano trova posto la grande poesia di Dante, che Principe definisce “poesia che scotta”. Molte verità che consideriamo a posteriori sono in realtà a priori. A questo proposito, uno dei più bei saggi su Dante è del poeta russo Osip Mandelstam, morto tragicamente in un gulag. Il titolo dell’opera ha offerto lo spunto per una riflessione sulla Sinfonia come genere, che sembra essere una delle proiezioni eterne di qualcosa oltre lo spaziotempo, dunque archetipico. Liszt ha bisogno di immergere la musica nella letteratura, per assorbire la propria ispirazione con essa, poi in certo qual modo dimenticarla per dar voce alla purezza del suono.

Maurizio Cogliani – L’incanto velato. Figure della dissolvenza nel pianismo lisztiano.
Lo studioso ha analizzato alcuni esempi di ‘dissoluzione’ della texture in particolare nelle ultime opere di Liszt, come Nuages gris e La lugubre gondola II, definendo certi procedimenti, con felice espressione, “una passaggiata sull’orlo dell’abisso”.

Giovanni Guanti – Liszt vs. Hanslick, o dell’arte di ideologizzare la musica.
In questa splendida relazione, Guanti richiama le lezioni di Estetica di Hegel, nelle quali il filosofo sottolinea che l’arte non è qualcosa che esiste per sé, ma per l’uomo. Quando Liszt allega programmi letterari alla sua musica, egli si sta sforzando di andare verso la traducibilità della musica. Posizione del tutto antitetica è quella di Hanslick, che non ammette questo tipo di contaminazioni. Liszt, dal canto suo, ha cercato di tradurre in musica la letteratura e l’arte. Hanslick, inizialmente, nella lettera a Liszt del 1848, lo aveva ringraziato per le sue trascrizioni beethoveniane. Quando poi il compositore ungherese ha iniziato a comporre Poemi sinfonici, il critico musicale non lo seguì più, convinto assertore dell’idea che il bello musicale non fosse traducibile in altro-da-sé. Questa posizione contribuì negativamente all’ermeneutica negativa su Liszt, persino nelle sue capacità di orchestratore. Allora, si chiede Guanti, come mai Mahler aveva un’altissima considerazione di Liszt? In definitiva, da questa relazione è emersa una figura gigantesca, quella di un artista le cui creazioni hanno sotto molti aspetti anticipato i tempi.

Antonio Notario Ruiz – “Auch Liszt taucht wieder auf, der Franz…”: la compleja herencia del XIX.
Lo studioso spagnolo ha parlato del rapporto tra il poeta Heinrich Heine e Franz Liszt. Il saggio di Adorno su Heine ha messo in rilievo la forma di pungolo sociale dei suoi testi, e il disagio che ancor oggi provoca la sua lettura. Ma è proprio la poesia il luogo in cui si deve cercare la “ferita Heine”. Per il poeta la musica doveva testimoniare una prospettiva sociale, e per questo polemizza volentieri, come nella poesia Nell’ottobre 1849 (Germania), in cui tratta senza pietà Liszt. Questo atteggiamento derivava da un acritica pregressa al compositore, del quale Heine non apprezzava la religiosità avvolta da spiritualismo propagandistico. In questo senso, emergono secondo Heine le differenti personalità di Chopin e Liszt. La dialettica che il poeta propone stabilisce i limiti tra il romanticismo e l’ipertrofia sentimentale o, se si preferisce, tra arte e produzione di beni.

Andrea F. Calabrese – L’Opera al nero: sul tema dell’Ombra in Liszt.Questo intervento si è basato basa sulle dinamiche psicologiche implicite nella musica di Liszt, così come emergono attraverso la presenza di contenuti dualistici, con opposizioni solitamente etichettate con termini quali luce/tenebre, bene/male, positivo/negativo. In particolare, è stato preso in esame ciò che Carl Jung definisce l’archetipo dell’Ombra. La radice di questo dualismo va oltre la consueta ipotiposi dei concetti di bene vs. male, che pure per Liszt è una costante, nella fusione così tipicamente romantica di vita e arte riscontrabile nella sua esperienza. Tale dualismo interessa processi inconsci, utili anche per l’analisi musicale. Il dualismo esiste realmente in Liszt, ma qualunque spiegazione se ne dia, esso è la polarizzazione di due princìpi diversi, non necessariamente opposti ma talvolta fortemente contrastanti. Per questo motivo, questa indagine si è avvalsa degli strumenti forniti dalla psicologia del profondo come ausilio per la comprensione di alcuni testi lisztiani.
Luca Aversano – Tecniche violinistiche nel pianismo di Liszt. 
Lo studioso ha preso in esame alcune opere di Liszt, per sottolinearne i debiti non solo con la tradizione pianistica ma anche con quella di matrice violinistica. Tra gli esempi analizzati, oltre l’immediato collegamento con Paganini, molto rilevante è apparsa la contiguità con alcune tecniche già presenti nella musica violinistica del Settecento.
Roberto Giuliani – Luigi Verdi – Liszt nell’immaginario televisivo e cinematografico. 
Relazione piena di contenuti quella proposta dai due studiosi, che hanno enucleato tutti i rapporti che esistono tra il grande compositore oggetto del Convegno e lo schermo sia televisivo che cinematografico. Tra l’enorme quantità di dati proposti, sottolineiamo due soli aspetti: la difficoltà di realizzare film su musicisti che siano credibili dal punto di vista filologico, e dall’altra la cospicua presenza di Liszt come colonna sonora. I film in cui compaiono musiche di Liszt sono, infatti, circa 200.
Madalena Soveral – De l’interprète au compositeur: les années de Weimar.
La pianista e musicologa portoghese ha illustrato con dovizia di particolari gli sviluppi della scrittura di Liszt, a partire dai primi anni fino al periodo di Weimar. Sono state analizzate le differenze tra gli Etude en 12 exercises e gli Etudes de execution trascendante. Inoltre, assai pieno di significati è parso il legame che la Soveral ha tracciato tra l’opus lisztiano e Maurice Ravel.

Elio Matassi – Liszt e il mito di Faust.
In questa relazione, il filosofo ha acutamente posto in rilievo le tradizioni faustiane in letteratura e in musica sotto l’aspetto estetico e nei loro mutui rapporti. Assai interessante la prospettiva scelta da Matassi, che, pur parlando da filosofo, ha sottolineato con forza che la stessa filosofia, oltre che la cultura in generale, non può prescindere dalla musica nella ermeneutica faustiana.

Sara Zurletti – Massa e potere: Liszt l’incantatore.
Il Convegno si è concluso con questa sapiente relazione, che ha illustrato il passaggio dal Biedermeier al virtuosismo paganiniano. Il paradigma borghese veniva posto in discussione dalla presenza sempre più forte di questi virtuosi. Si crea così un’aura, che sottintende la distanza incolmabile tra il virtuoso e il pubblico, destinato a ipostatizzare la figura dell’Eroe. L’artista diventa così uno stregone in grado di ammaliare le folle, e l’arte diventa una prosecuzione con altri mezzi della magia. Baudelaire ha dedicato a Liszt il Tirso, che è il bastone del sacerdote con i fiori incastonati. Da un lato, quindi, la volontà e la forza simboleggiati dal bastone, dall’altro la gentilezza e la raffinatezza dell’elemento floreale. La Zurletti ha quindi introdotto il concetto di eterofonia, citando studi di Rattalino e di Bortolotto, nei quali si evince il significato di questo termine come ricorso a materiali già lavorati. Citando anche Rosen, la studiosa ha spiegato come in Liszt avvenga la trasformazione del suono in gesto. L’arte di Liszt, pertanto, si presenta come essenzialmente ludica.


Piero Rattalino – L’invenzione del recital, ossia: génie oblige.
Lo studioso ha percorso con spirito critico la biografia lisztiana, individuando le influenze culturali ad ampio raggio che ne hanno contraddistinto la formazione. Dal punto di vista più strettamente musicale, Rattalino ha citato Berlioz e Paganini tra i compositori che maggiormente hanno stimolato Liszt. La relazione ha poi affrontato un tema particolarmente fecondo, ossia il rapporto dell’autore con il tema della formazione del concertista negli anni ’30. Particolarmente illuminante è risultata la citazione fatta del necrologio di Liszt a Paganini, da cui trae il titolo l’intervento di Rattalino: “Che l'artista dell'avvenire rinunci dunque, e di tutto cuore, a quel ruolo egoista e vano di cui Paganini fu, noi crediamo, l'ultimo e illustre esempio; che ponga il suo fine non in lui ma fuori di lui, che il virtuosismo sia per lui un mezzo, non un fine, ch'egli ricordi sempre che, come la nobilità e senza dubbio più che la nobilità: GÉNIE OBLIGE”.

Ophra Yerushalmi – proiezione del film Liszt’s Dance with the Devil
La cineasta e pianista ungherese ha presentato in anteprima il suo ultimo film, un’accurata e appassionata biografia su Liszt. Senza mai cadere nella facile tentazione dell’agiografia, la Yerushalmi, attraverso una saggia alternanza di interviste, immagini e suggestioni, ha fatto emergere a tutto tondo un quadro del compositore quanto mai autentico. Particolarmente interessante è risultato il ricorso a una molteplicità di interpreti, ognuno dei quali – registra compresa, già allieva di Claudio Arrau – ha potuto raggiungere la sensibilità di ogni audio-video ascoltatore.

L’Eroe e l’Ombra – Concerto del pianista Santi Calabrò
Il pianista siciliano Santi Calabrò ha offerto un saggio lisztiano di pregevolissimo valore e di levigata raffinatezza, in un concerto comprendente brani ampiamente trattati durante il Convegno, come Vallée d’Obermann, Mephisto Waltzer I  e la Sonata in si minore. Il concerto è stato accompagnato da acute riflessioni, scritte dallo stesso pianista in una Nota al programma, cui rimandiamo. Da parte dell’ascoltatore, vorremmo semplicemente sottolineare un paio di aspetti: la grandissima capacità dimostrata da Santi Calabrò di detenere il controllo pressoché totale della tastiera, impresa assolutamente non da poco in Liszt, e in secondo luogo le raffinatezze e quasi arditezze timbriche che sono state raggiunte dal pianista, fino ad arrivare alla trasfigurazione del finale della Sonata, che ha ingenerato in chi scrive sentimenti difficilmente esprimibili a parole.
 

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