(“The mythical time in Scriabin” di Lia Tomás, 5° congresso dell’Associazione internazionale per gli studi semiotici, Università di Berkeley, 1994, traduzione di Andrea F. Calabrese)
Nel suo libro Poetica musicale [1] Igor Stravinskij pone una domanda che richiede una risposta specifica, manifestando una notevole ammirazione: «Dopo tutto, è possibile collegare un musicista come Scriabin a qualsivoglia tradizione? Da dove proviene? Chi sono i suoi predecessori?» In poche parole, la domanda posta in essere da Stravinskij è una pietra di paragone per tutti coloro che intendono guardare all’opera di questo compositore intrigante. Mistico, filosofo, matto, o genio? O ancora visionario? Scriabin è un po’ tutto questo, ossia una personalità in cui convivono aspetti contraddittori.
Nella prima fase della sua parabola compositiva, che termina all’incirca nel 1898, Scriabin è esplicitamente influenzato da Chopin. In seguito, inizia ad interessarsi di filosofia, entrando in contatto con diversi sistemi, pur senza approfondirli tutti. Avendo letto autori come Goethe, Nietzsche, Schopenhauer, Platone e Schelling, Scriabin decide di sistematizzare una propria formulazione, che rifletta la sua concezione del mondo. L’idea wagneriana di ‘Opera d’arte totale’ lo attrae, e su questo egli formula le sue prime riflessioni. Come Wagner, Scriabin non riesce a vedere la musica come semplice arte dei suoni, autoreferenziale. Questa concezione è per Scriabin assurda. La musica deve esprimere qualcosa. Si tratta di una concezione basata su un’unione fra filosofia, religione ed arte, in cui la transustanziazione viene ottenuta per mezzo della musica, il cui suono conduce all’estasi. Attraverso il rito musicale, egli intende risalire alla storia antica del potere magico attribuito alla musica[2].
E nel “Prometeo, Il Poema del Fuoco”, la sua ultima sinfonia, questo progetto si realizza. Una delle composizioni più audaci di Scriabin, essa richiede, oltre l’ampio organico orchestrale (orchestra, coro, pianoforte), una «tastiera per luce», che proietti determinati colori in sincronia con la musica. Nella partitura originale, c’è un rigo supplementare denominato «Luce», in cui in corrispondenza dei colori determinati dal compositore vi sono delle note. Per Scriabin, questa corrispondenza dovrebbe ricorrere in maniera sintetica. Egli, infatti, suggerisce un’audizione colorata del brano. Partendo da un’arbitraria, personale scala di colori, con questa visione il compositore associa i colori scelti con le note fondamentali dell’accordo sintetico. Così, il rigo «Luce» accompagna la successione armonica del brano.
Il “Prometeo” è una di quelle opere con cui Scriabin apre una nuova fase della sua produzione e del linguaggio musicale, in cui i concetti di base dell’armonia tradizionale, come l’idea di tonalità, sono rimpiazzati da nuclei armonici predeterminati i quali possono generare il tema e unificare le derivazioni degli accordi all’interno della composizione. Questo nucleo generativo viene definito da Scriabin come “l’accordo sintetico”, meglio noto come accordo tonale o ‘accordo mistico’. Consiste di un accordo esafonico composto da una sovrapposizione di quarte giuste, aumentate e diminuite: DO – FA# - SIb – MI – LA – RE. Questo accordo viene usato di continuo nella composizione e, oltre a fungere da base e principio unificante, risulterà essere il produttore e il propellente di tutto il discorso musicale.
Con una lettura più attenta degli scritti del compositore, si potrà osservare che essi possiedono una concezione soggiacente, un indicatore che ci conduce ad un’altra chiave per la comprensione dell’universo scriabiniano. Questa chiave si trova in un’altra struttura di pensiero, che non può essere considerata falsa o ingannatrice, sebbene i suoi fondamenti risiedano al di là dello sbarramento razionale: il pensiero mitico.
Secondo Mircea Eliade[3], il mito è una complessa realtà culturale. Oltre ad esplorare le origini dell’umanità attraverso una ‘storia sacra’ (perciò stesso una storia vera), esso rivela standard esemplari per tutte le attività umane significative per mezzo dello studio di regole comportamentali, simboli e rituali. Perciò, se il mito racconta sempre l’inizio, la ‘creazione’ di qualche cosa che ha cominciato ad esistere in seguito, sia se si tratti dell’origine del mondo o delle conseguenze della sua creazione, si può dedurre che ci dice solo ciò che realmente è accaduto. In ogni caso, l’accesso a questa forma originale di conoscenza richiede più che mera conoscenza: richiede la proclamazione di questa conoscenza per mezzo di una celebrazione, così che l’individuo si impregni di atmosfera sacra dove questa creazione ha avuto luogo. Il rituale non è una mera commemorazione, ma una ripetizione, una riattualizzazione di eventi passati, così che il tempo presente venga interrotto per far ritorno al tempo mitico. Questa conscia ripetizione di gesti, costumi e abitudini può assumere un autentico significato quando l’identificazione col tempo primordiale distrugge il tempo cronologico (il presente), proiettando nel tempo cosmogonico e mitico in cui la creazione ha avuto luogo.
Osservando il pensiero filosofico e musicale di Scriabin dal punto di vista della precedente teoria di Mircea Eliade, vengono in mente alcune domande complementari a quelle di Stravinskij: come tradurre questa concezione filosofica in suoni e, allo stesso tempo, renderla comprensibile per un pubblico eterogeneo, non necessariamente familiare con la sua concezione del mondo? Scriabin ha fatto ricorso ad un personaggio mitologico nel titolo della sua quinta sinfonia. C’era qualche implicazione particolare in questa scelta? Se riguardiamo la partitura, sembrerebbe non esserci alcun riferimento esplicito al mito, titolo a parte. Il personaggio è nella partitura, ma dove?
Scriabin intende materializzare la sua concezione del mondo e il suo essere umano immaginario (Prometeo), basandosi sulla concezione mitica. Egli intende attualizzare il tutto per mezzo del mattone sonoro. A questo scopo, per una materializzazione più plastica possibile, si richiedono indicazioni che attivino la realizzazione di questo processo; ed è per mezzo della lettura di queste indicazione che possiamo vedere come Scriabin intenda concretizzare la sua idea di ‘Opera d’arte totale’.
È noto che esistono alcune convenzioni nella scrittura musicale, che aiutano a standardizzare la registrazione grafica sulla partitura, in modo da renderla accessibile a chiunque possieda questo codice, e, pertanto, renderne possibile l’esecuzione. In questo insieme di convenzioni possiamo riscontrare il rigo, la battuta, le chiavi, le durate ecc.. Di solito, le parole che indicano le modalità espressive sono in italiano: allegro, maestoso, forte, pianissimo, ecc. A fronte di tutto ciò, Scriabin adopera nel “Prometeo” altre indicazioni, molto particolari e talvolta poco comprensibili dal punto di vista musicale: termini come «contemplatif», «voluptueux, presque avec douleur» (voluttuoso, quasi con dolore), o «avec un éclat éblouissant» (con un fulgore abbagliante), sono completamente fuori dagli standard prestabiliti, e allo stesso tempo la loro decodificazione si trova ad un altro livello.
Così, per comprendere la reale reinterpretazione scriabiniana di Prometeo, il mito nel tempo presente, affinché ciò avvenga nella sua totalità mediante la riattualizzazione che ha luogo nel breve volgere dell’esecuzione, è necessario per l’interprete (il musicista che esegue la partitura), oltrepassare il tempo presente (il tempo di esecuzione), e cercare di inserirsi nel tempo mitologico. Con questo punto di vista, le indicazioni personali apposte da Scriabin in partitura (la maggior parte delle quali suggeriscono stati mentali o immagini evocative) costituiscono ciò che può attivare l’attraversamento e la rottura fra i due tempi in cui l’interprete è inserito: il tempo cronologico misurabile dell’interprete e il tempo del brano che l’interprete sta eseguendo (il tempo mitico)[4].
Per la piena realizzazione di questo processo di reinterpretazione, la mancata inclusione di un percorso narrativo esplicito da parte di Scriabin diventa evidente. Se avesse solo voluto descrivere gli stadi successivi del suo personaggio immaginario, il compositore avrebbe dovuto fare ricorso alla narrativa naturalistica (ad es. flauti che rappresentano gli uccelli ecc.), o ad un libretto esplicativo. Se questo fosse in effetti accaduto, il compositore in tal caso avrebbe reso impossibile all’interprete realizzare la sua concezione di ‘Opera d’arte totale’, in termini di tempo di esecuzione dell’opera.
Il Prometeo di Scriabin non può semplicemente essere narrato dall’interprete; essendo un personaggio mitologico necessita di materialità per abbandonare il regno dell’immaginazione del compositore ed essere quindi percepita come realtà. Prometeo deve essere sperimentato, riattualizzato nel tempo presente; e, per rendere ciò possibile, è imperativo realizzare il frazionamento temporale.
È già stato detto che Scriabin stabilisce una relazione arbitraria fra suoni e colori. Questa relazione, inclusa in partitura, è accompagnata da spiegazioni scritte quali: Re bemolle: volontà dello Spirito Creativo; La: Materia verde, ecc. Basandosi su significati del testo e sul rigo per «Luce» nella partitura, i biografi di Scriabin hanno cercato di individuare una struttura narrativa soggiacente nell’opera. La creazione di un testo esplicativo tipo libretto d’opera è una prova non necessaria per il fatto che Scriabin, conoscendo la complessità della sua opera, preferì mantenere per sé la traduzione dei significati personali e nascosti che egli associava alle luci.
All’inizio della partitura, può essere notato che dopo la classica indicazione di andamento, ‘Lento’, vi è un’altra annotazione, totalmente differente per carattere dalla prima, non solo per essere in francese: brumeux (oscuro). Perciò, possiamo dire che ‘brumeux’ sia associato alla nota LA nel rigo per ‘Luce’ (significato nascosto, personale: materia). Per l’interprete che legge ed esegue, le indicazioni «Materia» e «Volontà dello Spirito Creativo» sono molto più astratte e difficili da decodificare rispetto a «Oscuro» o «Sublime». Sebbene anche queste indicazioni contengano un certo grado di sottigliezza nella loro interpretazione e decodificazione, sono più vicine alle indicazioni tradizionali; inoltre, esse suggeriscono l’evocazione di immagini e stati mentali che aiutano a produrre l’interruzione del tempo cronologico, immergendo l’interprete nel tempo primordiale.
Il Prometeo scriabiniano è intessuto nell’edificio sonoro, nel momento in cui è ispirato dalle sue personali indicazioni, Per un simile ritrovamento, le indicazioni convenzionali si dimostrano insufficienti. L’intenzione di Scriabin è del tutto nuova; la sua volontà imperiosa. Di conseguenza, i vecchi termini appaiono datati. Ecco quindi che la funzione della ‘tastiera per luce’ va oltre l’intenzione di creare un’ ambientazione adatta al suo scopo: un ipotetico proposito dello strumento ‘luminoso’ potrebbe essere quello di tradurre sfumature del temperamento e del carattere di questo uomo immaginario in maniera plastica, attraverso una profusione di colori. Oppure, sempre in via ipotetica, le luci servirebbero a rompere la precisione matematica degli intervalli della scala temperata, entro i cui limiti è sorta quasi tutta la letteratura musicale. Seguendo il ragionamento, potremmo affermare che l’accordo sintetico in sé stesso, visto come nucleo generativo del ‘Prometeo’, produce il germe delle ‘imprecisioni’ sonore intese da Scriabin. Quest’idea è giustificata dal fatto che il tritono, l’intervallo dissonante per eccellenza, funzione come asse polarizzante centrale all’inizio dell’opera[5].
Deve essere sempre tenuto ben presente che Scriabin concepisce il mondo come un sistema di corrispondenze. Il suo mondo, di tipo bilanciato e trascendente, è abitato da eroi immaginari e demiurghi, i quali talvolta manifestano la necessità di tornare al presente per ristabilire l’armonia spirituale e reiterare il modo umano di vivere lungo il suo cammino storico. Prometeo, antenato per eccellenza, possiede questo potere creativo, per cui egli è «Padre dell’Umanità». Pur latente nel discorso musicale, egli deve far aderire il suo tempo al tempo presente per fondare il Mondo nel Tempo Reale, Vero. L’interprete, invitato a questo attraversamento, perde coscienza del suo corpo individuale, e si immerge nel tempo. Le azioni di tutti gli interpreti divengono un’identità, insieme ai loro corpi. La simbiosi è realizzata: Prometeo diviene l’interprete e l’interprete diviene Prometeo. Il Centro, l’«accordo mistico», è già determinato. Lo Spazio, ora consacrato, è pronto a ricevere il Tempo Primordiale. La realtà si stabilizza nella sua totalità; e proprio come la Fenice, l’uomo nuovo sorge dalle spire del fuoco sacro, certo che «l’Infinito è un luogo senza nome».
Lia Tomás
Docente di Estetica musicale e Storia della Musica all’Università Estadual Paulista – Instituto de Artes, Sao Paulo, Brazil
[2] Faubion Bowers, Scriabin, a biography of the Russian composer, 1871-1915. 2 volumi, Tokyo/Palo Alto, Kodansha International Ltd, vol. 1, pag. 319.
[3] O mito do eterno ritorno, Lisboa,, Ediçoes 70, 1985.
[4] Anche il pensiero scientifico, con la teoria della relatività di Einstein, avrebbe di lì a poco rivoluzionato e, per l’appunto, ‘relativizzato’, la nostra concezione di tempo, nell’atto stesso di considerarlo ‘curvante’ nello spazio e pertanto non più ‘lineare’ come la rivoluzione scientifica del Seicento (cfr. par. 1) aveva inteso (N.d.T.).
[5] Il tritono divide esattamente l’ottava in due parti uguali: partendo da do abbiamo DO – FA#/SOlb – DO: 6 semitoni per parte (N.d.T.).
Avrei bisogno di un chiarimento: "Perciò, se il mito racconta sempre l’inizio, la ‘creazione’ di qualche cosa che ha cominciato ad esistere in seguito, sia se si tratti dell’origine del mondo o delle conseguenze della sua creazione, si può dedurre che ci dice solo ciò che realmente è accaduto."
RispondiEliminaIn che modo si deduce che il mito racconta solo ciò che è realmente accaduto?