lunedì 20 giugno 2011

J.S. Bach e l'armonia tra orizzontale e verticale

Graham H. Jackson è un ricercatore canadese che ha svolto studi seri sul rapporto tra musica, fisica e spiritualità, seguendo le teorie di Rudoph Steiner, fondatore dell'antroposofia. Presentiamo qui un estratto dal suo libro inedito in Italia, il cui titolo, tradotto, è "Le basi spirituali dell'armonia musicale".  Assertore di interessanti e originali teorie sulla serie degli armonici inferiori, e sulla filosofia dell'armonia, Jackson si richiama esplicitamente nel suo libro alla tradizione che rimonta agli antichi greci, per poi svilupparsi attraverso il Medioevo e poi i tempi moderni. Nei prossimi post prenderemo in esame altre parti di questo interessante testo.


Graham H. Jackson – The spiritual basis of musical harmony
Sintesi del Capitolo 19 – La Soluzione e Bach

Abbiamo notato come la musica polifonica del XV e XVI secolo, che usava ancor spesso i modi – sebbene armonizzandoli in triadi – scorreva nel flusso temporale. Era musica meditativa; in una Messa di Palestrina, Victoria o Lasso, l’ascoltatore non doveva abbandonare il proprio interiore mondo di contemplazione, sebbene comunque essa si trovava un po’ più vicina al mondo esterno rispetto all’organum bidimensionale di alcuni secoli addietro.
Nel significativo anno 1594, comunque, morirono sia Palestrina che Lasso, e l’opera di Peri Daphne veniva eseguita. Quest’opera fu la prima di molte che portarono di nuovo la linea del ‘solo’ in evidenza. Le emozioni dirette, riversatesi per mezzo di una voce, venivano colte ed espresse uniformemente nelle armonie drammatiche, talvolta sconvolgenti che le supportavano. Gli accordi erano usati per il gusto di farlo, a causa della loro abilità di cogliere le emozioni, e così siamo passati da un mondo senza tempo al drammatico mondo del palcoscenico.
L’accompagnamento del basso continuo si dimostrò la tecnica ideale per queste arie e recitativi, e incidentalmente enfatizzò la costruzione a partire dal basso.
Con Bach, gli esitanti passi della nuova tecnica divennero una sicura e certa falcata, letteralmente. Egli scrisse ancora fughe – fra le più grandi in assoluto – ma queste differivano dalle precedenti specialmente nel modo in cui Bach usava l’armonia per costruire enormi strutture architettoniche. L’aspetto armonico, spaziale, stava venendo fuori sempre di più, anche se ciò avveniva più facilmente nel corale.
Qui la corrente unificata si era separata in tre componenti. Sulla sommità c’è la melodia, la parte di cui possiamo più facilmente essere consci. Questa si muove in modo posato come la nostra testa, ed è il contorno visibile e la caratteristica più tipica della musica.
Nella parte inferiore c’è la nuova linea del basso – una caratteristica non presente nella musica precedente, che si muove a grandi passi come le nostre gambe, che sono espressione della nostra volontà. E tra loro vi è l’armonia, come il tronco, che connette tenendoli separati il capo e gli arti, ed esprime le nostre attitudini e desideri.
J.S. Bach solleva il suo corpo fisico  e cammina con esso.
Nel cap. 3 abbiamo menzionato come la posizione eretta e il camminare implichino di essere consapevoli di una perpendicolare costante tracciata dal nostro centro di gravità verso la terra per assicurarsi che la linea tracci sempre un angolo retto con la superficie della terra. Le proporzioni della triade – 3:4:5 – creano un angolo retto in geometria. Perciò, se vogliamo sentirci incarnati nel nostro corpo, desideriamo sentire che la nota della melodia – dove si trova centrata la nostra coscienza mentale – venga supportata da una triade al di sotto. Quando la melodia si muove solo di una seconda, quindi, la linea del basso (o quantomeno il movimento delle fondamentali) si muove per 4ª o 5ª. È come se le nostre gambe si muovessero per raggiungere la testa e portare il peso del corpo sotto la nota della nuova melodia.
Il passo successivo nel basso può muoversi di un’altra 4ª o 5ª, come se si trattasse dell’altra gamba. Il movimento alternato delle due gambe dà naturalmente un ritmo 2-4 o 4-4, in cui gli accenti più forti e più deboli riflettono la gamba più forte e più debole.
Il contenuto emozionale dell’anima, che è abituata ad essere libera di sognare ed esplorare, è ora raggiunto – attraverso l’accordo- nella situazione del momento e secondo ciò che il corpo sta vivendo in quel momento. L’ego traduce tutto il suo passato e il suo potenziale futuro nell’attualità dell’ ADESSO terreno.[1]
Passo dopo passo, l’ego incarnato procede attraverso le esperienze, espresse negli accordi, che sono nuovi ad ogni momento – felicità, dubbio, agonia, speranza, rilassamento e così via. La vita è un dramma che sta andando in scena proprio ora, e le sue sorti sono ancora da decidere.
Ciò che era la parte melodica dell’opera da un lato, e la polifonia ecclesiastica dall’altro, sono ora entrambe prese insieme da Bach e unite, saldate e maneggiate in uno stile pervasivo con la forza dell’intero essere umano. La passione della linea individuale solistica, la logica della struttura delle armonie, i movimenti corporei trasferiti al basso e gli slittamenti di peso, tutto viene fuso in un linguaggio drammatico che trasmette la presenza vivente dell’ego incarnato.
Perché la sua musica ha questo effetto? C’è una ragione tecnica che può spiegarlo? Se si considera ciò che è stato detto in questo libro finora, la risposta si spiega quasi da sola.
La struttura dell’armonia bachiana è sottolineata, contenuta, o implicata, per così dire, in tre accordi: tonica, dominante e sottodominante. La progressione I-IV-V-I (cadenza), esprime un pensiero musicale completo, quello fondamentale per la musica diatonica.
L’accordo di dominante è sempre reso maggiore, anche in una tonalità minore. Così esso possiede lo sguardo verso l’esterno, e un sentimento più forte. Una serie di sovrarmonici costruita su questo rivelerà anche un accordo di 7 di dominante (se si accetta la sua intonazione approssimativa), e anche quello di 9ª. Potremmo forse concludere che gli armonici superiori appartengono più tipicamente alla dominante, ossia sono ‘a casa’ lì.
La sottodominante ha sempre una qualità più riservata, anche nel maggiore. Può anche apparire come un accordo minore in una tonalità maggiore, ed è quasi sempre minore in una tonalità minore. Se calcoliamo verso il basso dalla tonica, possiamo anche, se lo desideriamo, aggiungere la terza sotto e produrre non solo i sottoarmonici ma anche l’accordo di 7ª di sopratonica, che è il successivo accordo di 7ª più comune dopo quella di dominante, e risolve su di essa.
Ciò spiegherebbe, per iniziare, il problema con cui tutti i teorici hanno combattuto, da Rameau in poi: perché, quando la progressione di fondamentali più tipica è quella di quinte, la sottodominante può muoversi così facilmente sulla dominante? Possiamo concludere allora che la serie dei sottoarmonici si trova ‘a casa’ sulla sottodominante e sulla sopratonica.
Emerge allora la seguente immagine:

(re FA LAb DO | DO-Mi(b)-SOL | SOL SI RE fa)

(1)   un’ “ala destra”, la dominante; sovrarmonici
(2)   un’ “ala sinistra”, la sottodominante; sottoarmonici
(3)   il collegamento centrale, con una nota in comune con ognuno dei due precedenti; la tonica

E lì, nel centro, rimane solo una nota che rappresenta l’area della libertà nell’uomo; la terza, che può essere sia maggiore che minore, secondo l’inclinazione del momento.
Abbiamo quindi una perfetta immagine della ternari età dell’essere umano, libero perché egli si trova tra due potenze opposte di opposta natura. E di certo questo è il motivo per cui questo sistema è stato in grado di durare tanto a lungo e di dare luogo al fiorire della musica fino almeno al 1900, e in realtà fino ad oggi.
Abbiamo naturalmente fuso insieme il maggiore ed il minore in un unico sistema, ma in un modo tale che la simmetria non è perfetta. Vi è ancora un elemento fuori dal bilanciamento, come vedremo. Nondimeno, i compositori sia prima che dopo Bach hanno spesso trattato le due modalità in maniera così correlata che essi si sono sentiti liberi di andare avanti e indietro fra queste due. Come affrontare l’idea del minore che ha la sua radice superiormente non è così facile.
Abbiamo messo in rilievo che la musica nel Medioevo invertì la sua direzione e iniziò ad essere calcolata superiormente – probabilmente per l’influenza della musica orientata sugli armonici superiori dei bardi celtici. Il minore così divenne fuori da suo elemento e iniziò ad essere percepito in modo distorto. Così vennero create molte alterazioni per tale modo, per cui abbiamo ancora tre forme della scala minore e nessuna di esse è definitiva.

adattamento e traduzione di Andrea F. Calabrese

[1] L’accordo è quindi il sogno di cristallizzare il tempo, di fermarlo nell’identità presente

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